Gubbio dal 29 giugno al 3 luglio 2017 - La 5 giorni dei DinoCentauroSauri
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Gubbio dal 29 giugno al 3 luglio 2017 - La 5 giorni dei DinoCentauroSauri
Dal 29 giugno al 3 di luglio 2017.
29 giugno puntuali con carburante fatto si parte in direzione Firenze. Abbiamo appuntamento alle 10:00 per visitare la Scarzuola di Montegabbione, usciamo dall'autostrada a Fabro, e Gerardo si mette subito all'opera da esperto frequentatore di ristoranti chiede al collega del casello autostradale dove fermarsi a mangiare per pranzo. Avute le necessarie indicazioni, percorriamo una 20 di km tra cui sei di sterrato (scoperto in seguito un'altra strada con meno sterrato 2,5 km circa) ci troviamo con le moto impolverate e Fabrizio che mugugna come un bufalo ferito che la sua moto è più sporca delle strade di Calcutta. Sul piazzale antistante la villa, ad accoglierci c'è Marco Solari il pronipote dell'architetto Tommaso Buzzi che negli anni 50 aveva costruito la Città ideale, un complesso architettonico e un giardino di aspetto metafisico a dir poco surreale, il tutto a ridosso di una chiesa intitolata a San Francesco, il quale qui aveva eretto una capanna fatta appunto di scarzuola, un erba palustre che nasceva sul posto. Dopo un paio di ore e con le idee non molto chiare su cosa avevamo visto, e tutti a cercare di imitare la risata dell'esaurita guida, la nostra prima visita giunge al termine. Risaliamo di nuovo in sella e ripercorriamo a ritroso il percorso sterrato, ma gradita sorpresa dopo alcuni chilometri ci attraversa la strada un bel esemplare adulto di daino, che come un fulmine scompare in mezzo alla boscaglia. Dopo di che raggiungiamo il ristorante consigliato, il Focolare che è sito proprio di fianco all'uscita autostradale di Fabro, è una grossa struttura alberghiera con annesso ristorante. Dopo aver consumato un buon pasto, decidiamo di proseguire il viaggio verso il lago Trasimeno, transitando per i vari paesini intorno allo specchio d'acqua. Castiglion del lago, Tuoro sul Trasimeno e poi Passignano, seguendo il profilo del lago imbocchiamo la SP142 e saliamo per tornanti verso Mercatale e Licciano, sotto di noi si staglia il lago ed una verde pianura. Il panorama non ha eguali ma il tragitto montano è breve e riscendiamo rapidamente verso Niccone, seguendo sempre la stessa provinciale ci troviamo ad attraversare la cittadina di Umbertide, per poi raggiungere Montone, un piccolo borgo medioevale, con la rocca un piccolo convento ed un bellissimo panorama a 360° di tanti i monti che ci circondano. Cerchiamo di identificare, con risultato molto incerto, quelli che saranno meta del nostro viaggio (credo che molti di noi fossero spesso assenti alle lezioni di geografia a scuola). Si sta facendo pomeriggio inoltrato, avvisiamo l'albergo che da li a mezzora li raggiungeremo (sfacciatamente falso), quindi verso le otto siamo a Gubbio. Tutta di pietra, mezza arroccata e protetta da una fila di piccoli monti interrotti da gole che creano un dedalo di strade tortuose che si inoltrano verso la confinante regione delle marche e che ricordano i passi e le gole del Trentino, ma ovviamente siamo in Appennino e il tutto è più che ridotto rispetto alle maestose Alpi. Ci ritroviamo nel centro storico di Gubbio nel rione della filatura affianco alla piazza dei 40 martiri. La residenza Le Logge è un amore, la struttura e bella, ospitale e pulita, la proprietaria è una giovane eugubina affabile e gentile. Sopra di noi in bella mostra si affacciano il palazzo dei Consoli e quello del Podestà eretti su piazza grande. Ci sistemiamo nelle camere, doccia al volo e cambiati di tutto punto siamo per strada, la serata non è delle migliori, il cielo è nuvolo e c'è un po’ di vento, il meteo minaccia pioggia ma imperterriti decidiamo di continuare la visita. Girando per le stradine di Gubbio al tramonto in cerca di un luogo dove mettere a tacere i nostri istinti carnivori, convinciamo un oste ad apparecchiarci all'aperto in una piccola piazzetta, ordiniamo il piatto del Re ed un paio d’insalate, finita a fatica la cena, ci concediamo una passeggiata per il centro storico, ovviamente Fabrizio detto lo Stancosaurus preferisce ritirarsi nella sua tana. Per il resto di noi segue una lunga e bella passeggiata, tra i vari rioni della cittadina medievale.
Il giorno successivo venerdì 30 giugno, poiché il tempo è incerto e il cielo è minaccioso di pioggia, decidiamo di recarci alle grotte di Frasassi. Prima tappa la Basilica di Sant'Ubaldo eretta sopra il monte Ingino che sovrasta la città, per arrivarci percorriamo la gola del bottaccione, una profonda incisione del terreno con pareti verticali tra il monte Ingino e il monte Foce, detto anche monte Calvo. Giungiamo alla basilica in poco tempo, e le prime gocce di pioggia si fanno sentire, sperando che siano solo poche entriamo nella chiesa. Mentre ammiriamo i Ceri che sono portati in processione durante la festa del Santo patrono e le sue spoglie mummificate, ci raggiunge dal chiostro antistante il Santuario il rumore di uno scroscio copioso di pioggia. Fuori è rimasto a far da guardia alla sua moto Fabrizio che si ripara sotto l'architrave di una porta chiusa sopra due scalini di pietra. Indossati gli anti-pioggia, è quasi smesso l'acquazzone decidiamo di proseguire con l'itinerario, riprendiamo la gola. L'asfalto purtroppo non ci consente di marciare a regime, la strada è tortuosa e segue il letto di un fiume, dietro ad una curva ci troviamo in mezzo alla carreggiata una femmina di cerbiatto con il suo piccolo, lei lo spinge verso il ciglio della strada e sotto i nostri occhi scompaiono entrambi tra i cespugli. Attraversiamo alcuni paesi come Scheggia, Isola Fossara ed a Sassoferrato facciamo una pausa caffè. Smette di piovere e decidiamo di proseguire in direzione di Arcevia ed Avacelli a Serra San Quirico un piccolo borgo sito all'ingresso della Gola della Rossa, ci fermiamo per pranzo alle Copertelle, cucina tipica marchigiana. Ben sazi a fatica risaliamo in sella alla volta delle grotte di Frasassi, pochi chilometri di strada e raggiungiamo il parcheggio delle grotte, acquistati i biglietti saliamo a bordo di una navetta che percorrendo la gola della Rossa ci porta all'ingresso delle grotte. Siamo un folto gruppo, la guida fatica a farsi sentire, ci si distrae facilmente ammirando le opere d'arte che la natura ha creato all'interno del sottosuolo nel passare dei millenni, Fabrizio ci confida di essere stato alle grotte da piccolo e che se le ricordava un po’ diverse, fatti i conti c'era stato prima che le scoprissero (ma lui insiste nell'affermare che la data dell'apertura delle grotte riportata sulla targa è sbagliata). E' inutile soffermarci sulle successive due ore e i restati quattro giorni di prese in giro, comunque successivamente il mal capitato ha fornito ulteriori spunti per il suo pubblico ludibrio (Fabio e Gerardo in tutto ciò hanno assunto il ruolo degli aguzzini). Di nuovo in sella, si sta facendo sera e piove, cambiamo i piani di viaggio. Salta la visita al tempietto Valadier ed il proseguimento sulla strada nella gola della Rossa e quindi torniamo verso Gubbio. Piove senza tregua per tutto il tragitto, arriviamo in albergo zuppi e infreddoliti. Dopo una doccia calda ci ritroviamo per cena. L'albergatrice ci consiglia il ristorante la Balestra al centro di Gubbio e anche questa volta il cibo non ci delude.. Piatti tipici a riscaldare la nostra serata e poi stanchi ma contenti passeggiatina di rito e rientro per meritato riposo.
L'alba del 1° luglio ci sveglia un po’ nuvolosa. A colazione si decide tra i tragitti previsti quello che si adatta ad un tempo apparentemente incerto. Cortona e il passo di bocca Serriola e il monte Nerone le mete principali. Ritorniamo su una strada percorsa il primo giorno verso la Toscana, ci prendiamo una pausa caffè ad Umbertide, dove non ci eravamo fermati e proseguendo riattraversiamo l'Appennino umbro toscano, il tempo migliora di molto e saliamo sulla collina dove si arrocca Cortona e da cui si può godere di un magnifico panorama che comprende anche il Lago. La città è di origine etrusca e conserva ancora oggi le sue mura che nascondono un affascinante vicolo con le case originali del 200: Via Jannelli dove è possibile ammirare le case con le facciate superiori, sporgenti rispetto alla parete principale, sorrette da rinforzi di legno, frutto di antiche tecniche di costruzione. Dalla piazza del Duomo si può ammirare una veduta mozzafiato sulla valle sottostante e non si può fare a meno di notare un grazioso cimitero adagiato sulla collina. Certo il duomo ed il museo meriterebbero più tempo da dedicare, considerato anche che raccolgono opere importanti di artisti tra i quali Lorenzetti, Beato Angelico e Signorelli. Ma noi effettivamente facendo il programma a tutti questi tesori non avevamo pensato, quindi il tempo per la visita alla cittadina si rivela effettivamente appena sufficiente per una visita veloce che include la piazza della Repubblica dove spicca il Palazzo del Comune. Le Signorie del 400 sono presenti anche qui, ed è evidente. Pausa sulla scalinata, il nostro Stancosauro (Fabrizio) si rifiuta di riprendere il camino sotto il sole che si è fatto cocente e intanto si è fatta l'ora di pranzo. Decidiamo di optare per un pasto veloce e comprare il necessario per i panini e un po’ di frutta al mercato della piazza, pensando di consumare il tutto velocemente al fresco del giardino comunale. Pura illusione, l'approvvigionamento dei viveri si rivela un pochino abbondante; frutta a volontà, panini che sono bastati anche a merenda e qualche quintale di formaggio, e Fabio sbraita ancora perché il suo panino è costato di meno del formaggio che ha comprato Luisa, che aveva detto << Io oggi mangio solo la frutta>> (14 euro di solo formaggio e 4 euro di frutta), peccato che all'albero della frutta c'era appoggiata una povera pecora che è stata munta da li a poco per fare il formaggio. Dalla scalinata alla panchina il passo è breve e rialzarsi è faticoso, il gruppo degli uomini duri si stravacca sulla panchina e quella che doveva essere una breve pausa si trasforma in una siesta. Il risveglio dei guerrieri ci riporta in sella, per un tragitto tra montagne gole e passi che ci lasceranno senza fiato. L’idea era di passare da Castiglion Fiorentino e proseguire a Città di Castello per un caffè. Il gruppo segue con fiducia Fabio, è lui che ha fatto il tragitto e guida le fila. Ma il Capoccione decide di non seguire il navigatore e ci si ritrova tutti sull'ennesimo percorso sterrato, dopo l'inversione di marcia per riprendere la strada consigliata raggiungiamo Città di Castello, dove ci fermiamo per una pausa caffè. Riprese le forze proseguiamo verso il Monte Nerone, incontriamo sulla strada parecchie moto in senso contrario della nostra marcia, che stanno ad indicare che il percorso deciso è appetitoso per i Biker, difatti da li a poco ci ritroviamo a percorrere la statale 257 Apecchiese che sale sul valico di Bocca Serriola a 730mt. Curve e controcurve l'asfalto non è dei migliori ma il paesaggio è spettacolare, incontriamo un bar ritrovo per motociclisti che è pieno zeppo, per cui proseguiamo, in poco tempo siamo al valico e troviamo il cartello che c'e lo indica, fermata per foto ricordo, e come sempre qualcuno ne approfitta per lasciare un ricordino sul posto. Siamo nelle marche, infatti, il valico segna il confine, continuando si ridiscende rapidamente, nella discesa incrociamo parecchie moto. Arrivati a valle, facciamo rifornimento e ci prepariamo per una nuova scalata. Ci aspetta alla nostra destra il Monte Nerone meta sciistica del luogo. Si sale rapidamente, la strada serpenteggia offrendoci panorami mozzafiato che richiamano paesi lontani, le creste dei monti ci svelano immagini quasi tibetane, (la mia è solo un’impressione personale) viste magari in qualche film ed in poco tempo siamo in vetta, la cima Bibi 1530 mt. Panorama a 360° e un leggero venticello ci rinfresca e quasi sentiamo freddo. Il cielo non è completamente terzo ma ci offre un'ottima visibilità, i nostri sguardi si perdono in quel vasto panorama, ma all'improvviso compiendo leggiadre evoluzioni ci appaiono due aquile che sembrano danzare nel cielo. Un altro incontro indimenticabile d'altronde siamo a contatto stretto con la natura. Fate le foto del caso riprendiamo il percorso, prendiamo un via molto panoramica ma l'asfalto è quasi inesistente (togliamo pure il quasi), incontriamo un monumento eretto in onore del centenario del giro d'Italia e agli uomini che l’hanno compiuto. Prosegue il sentiero e in mezzo alla strada un branco di cavalli allo stato brado che relativa prole, sono animali incantevoli e pacifici, purtroppo li dobbiamo disturbare perché ci occupano la carreggiata, in mezzo agli adulti ci sono alcuni puledri e quindi temiamo qualche reazione da parte dei genitori, ma lentamente si scansano e ci permettono il passaggio, poche centinaia di metri e ci troviamo sulla costa del monte, sotto di noi la strada zigzaga in 21 tornanti. La natura qui è quasi incontaminata e ci attraversa la strada un falco che era appollaiato su una staccionata. Arrivati a valle ci troviamo nel paese di Pianello un piccolo centro abitato attraversato da un minuscolo ruscello, che è pieno di trote. C'è un bar pieno zeppo di chiassosi ragazzi che trangugiano birra, all'interno ci sono centinaia di foto a testimoniare che lì c'è gente che si sa divertire. All'esterno del bar su una panchina ci sono due vecchietti, uno dei due ci si presenta come una star televisiva, aveva partecipato ad una trasmissione con Pippo Baudo i più Brutti d'Italia, le foto e le riprese che abbiamo fatto ci hanno ritratto in preda della nostra più totale ilarità. Ripreso il viaggio, ci dirigiamo di nuovo verso Gubbio, abbiamo deciso, però, di non rientrare per cena e ci fermiamo presso un birrificio artigianale, che produce birra usando l'acqua del fiume Catria da cui prende il nome. Il locale è rustico arredato come una baita di montagna al suo interno e visibile attraverso una vetrata, i fermentatori. Il cibo è buono ed abbondante, l'unica pecca è la cameriera che svanita e rimbambita ci sbaglia meta delle ordinazioni. Tamara da li si è guadagnata certo l'appellativo di Tamara-Brontosaura, Silvia va in escandescenza e quasi si mangia vivo Fabrizio con un contorno di cameriera fritta (che non aveva affatto preso la sua ordinazione), per il resto la serata segue tranquilla. Fatta una certa ora e abbastanza allegri per i tre litri di birra bevuta, riprendiamo la strada di casa seguendo il navigatore, ma l'ennesima svalvolata del mezzo elettronico ci porta in una viuzza fatta di Sanpietrini che ha tutta l'aria di essere il vialetto privato di una casa. Fabio che guida il gruppo ridendo all'interno del suo casco alza le mani in segno di resa, sono tre giorni che il navigatore dando i numeri ci fa percorrere strade inusuali e impossibili. Quindi dopo alcune altre peripezie si ritorna all'ovile, fatta la consueta passeggiata di rito prima di andare a letto decidiamo il percorso del giorno successivo.
La mattina del 2 luglio la passiamo in giro per Gubbio, Fabrizio e Gerardo con la scusa di mettere a riposo il navigatore (e Fabio) trovano una guida che su una macchinetta elettrica ci scorrazza per le viuzze della più bella città medievale d'Italia. La signora ci racconta vita morte e miracoli del luogo, infine ci porta alla fontana del Bargello. Legenda vuole che percorrendo la circonferenza della fontana di corsa per tre volte e bagnati con l'acqua della fontana stessa da un eugubino, ci si possa fregiare della patente di matto. Ovviamente il documento va comprato e compilato da soli (gli eugubini sono matti mica fessi). Terminato il tour guidato, visitiamo il palazzo dei consoli e il museo al suo interno. Sulla cima del palazzo si gode di una bellissima vista panoramica, sotto di noi i tetti della città delimitano il labirinto stradale della città. Una mattinata non è abbastanza per visitare tutto quello che c'è da vedere, ma non abbiamo più tempo a disposizione per il passeggio, ritorniamo in albergo e mangiamo una cosetta in piedi per non perdere troppo tempo. Affianco all'alloggio c'è una bottega che vende prodotti locali e ci lasciamo convincere di buon grado ad assaggiare la famosa Crescia calda, una pizza alta che è una specialità locale propria di Gubbio, al suo interno a scelta si può imbottire con dei salumi. Dopo il frugale pasto e acquistati alcuni prodotti, ci ritroviamo di nuovo in sella alla volta di Urbino. La giornata è calda per strada incontriamo pochissime macchine, ad Acqualagna siamo costretti a fermarci per un caffè ed una pausa rinfrescante (Fabrizio aveva bisogno di una farmacia). Caffè, gelato e acqua e via si riparte, arriviamo in località Furlo che dal il nome alle famose gole siamo sulla via Flaminia affianco a noi scorre il fiume Candigliano che negli anni ha scavato la roccia di svariati metri lasciando in bella vista pareti verticali da brivido. La natura tutto intorno è rigogliosa, attraversiamo una stretta galleria a senso unico alternato scavata nella roccia, e ci ritroviamo di fianco ad una piccola diga. Proseguendo ancora per una ventina di chilometri ci ritroviamo presso l'universitaria Urbino. Dopo aver parcheggiato le moto, con il sottofondo del brontolio di Fabrizio Stancosauro che si lamenta per il sole cocente e la salita che ci aspetta, ci inerpichiamo su per la strada ed ecco, di fronte a noi incomincia a delinearsi la cittadina. Le origini di Urbino sono antichissime, il nome romano Urvinum deriverebbe dal termine latino urvus (urvum è il manico ricurvo dell'aratro), ma è nel Quattrocento che la città vive il suo massimo splendore. Ed é soprattutto grazie all’apporto di Federico di Montefeltro che Urbino acquisì quell'eccellenza monumentale e artistica, la cui influenza si è largamente estesa al resto d'Europa. Questo grande mecenate, infatti, seppe non solo trasformare Urbino in una magnifica corte principesca, ma anche attrarre nel ducato il meglio che la cultura umanistica rinascimentale italiana potesse offrire. Per primo appare il Teatro, Maria Luisa s’improvvisa una Sauroguida, confidandoci di aver fatto i compiti a casa, e si lancia in una spiegazione tecnica del teatro eretto nella metà dell’800 dal senigalliese Vincenzo Ghinelli, con accanto la famosa scala elicoidale che collegava le stalle al piano del palazzo ducale che si erige li di fronte a strapiombo su Valbona (naturalmente il teatro è stato eretto in epoca successiva). La facciata dei Torricini non guarda verso l'abitato ma verso l'esterno, per questo fu possibile una maggiore libertà stilistica, senza doversi curare dell'integrazione con edifici antecedenti, inoltre la sua presenza imponente è ben visibile anche da lontano, come simbolo del prestigio ducale. Decidiamo che visitare la cittadina richiederebbe del tempo che non abbiamo, quindi sorvoliamo sulle bellezze artistiche che nasconde dei suoi musei e chiese, e saliamo a bordo di un trenino turistico per una visione più ampia possibile della cittadina che varrebbe almeno una giornata dedicata. Dopo una sosta alla gelateria e al bar per un aperitivo si rimonta in sella; destinazione Marmitte Dei Giganti a Fossombrone. Si decide di ritornare per la gola del Furlo e di andare direttamente a cena in un ristorantino che hanno indicato a Fabio. Ripercorriamo la via a ritroso, e stavolta ci fermiamo per fare delle foto. Un signore con il cannocchiale ci incuriosisce e scopriamo che è li, come ogni anno per vedere l’aquila che ha nidificato su quelle cime e che, ci dice che quest’anno ha una compagna nuova, ed è più giovane (i maschi non si smentiscono mai) e quindi dovrebbe esserci in cima una covata. Attendiamo un po’ di vedere l’animale prima di proseguire, ma si sta facendo tardi e del rapace non c’è traccia. Proseguiamo il cammino verso le Marmitte dei Giganti, avvicinandosi le intravediamo attraverso la vegetazione, sono sotto di noi e ci vogliamo avvicinare il più possibile, sempre fiduciosi con Fabio in testa, ci troviamo in un vicolo chiuso, c'è un divieto di accesso e la zona è interdetta per la presenza di una centrale dell'Enel, si intravede una diga, ma non si può proseguire e l’unica maniera di vedere qualcosa è dal ponte sul fiume lì accanto. Giriamo le moto e ci dirigiamo sul ponte, Fabrizio Stancosauro sbuffa, qualcuno goliardicamente ride, ancora una volta si gira per tornare sulla giusta via maestra. Foto di gruppo con il fiume sullo sfondo, risate di gruppo e sfottò, condiscono la pausa. Rimontiamo in sella e via verso l’infinito (la cena che ci aspetta). Il ristorante è il piatto d'oro una frazione di Gubbio, la Branca. In effetti, il locale dove ci accomodiamo pare sia famoso per le sue megaporzioni (hanno vinto per svariati anni il premio Mangiar Rozzo), ciò nonostante ordiniamo l'antipasto, il primo e pure il secondo. Solo Fabrizio che non si sentiva tanto bene decide di optare per una minestrina....... (lascio alla vostra immaginazione i commenti del gruppo), ma nonostante la sua decisione decide che un po’ di antipasto non può fargli male, e poi che vuoi per pranzo abbiamo mangiato solo un po’ di crescia con il prosciutto di cinghiale, quindi una bistecchina ci sta tutta. Le porzioni si rivelano effettivamente MOLTO ABBONDANTI, e nonostante anche stasera la scelta del secondo di Silvia non sia stata presa in considerazione, (salvo che Fabio tirannosauro non si sia mangiato pure la sua parte) più che sufficiente, tra risate e derisioni alla coppia Stancosauro, e Inconsideratasaura, la serata volge al termine. L'Ostessa (credetemi il termine è più che appropriato) si scusa per aver saltato un’ordinazione, e porta il conto. Rimontiamo in sella e ci dirigiamo a Gubbio, dove dopo un gelato e due passi ci concediamo il meritato riposo. Domani si ripartirà per casa e ci sono anche le borse da rifare.
L'indomani 3 luglio soddisfatti di come sono trascorsi i giorni precedenti, ma un po’ tristi perché è finito il tempo ed è ora di tornare a casa, con i bagagli fatti e rimontati sulle moto, si parte per il viaggio di ritorno, ma il giro non è ancora finito; E' metà mattina e il rientro è previsto per la sera, ci dirigiamo quindi a visitare la cittadina di Todi, percorriamo un tratto della famosa E45 ma è tardi e non abbiamo tempo di visitare Deruta, ci si accontenta di vedere in corsa le rivendite di ceramiche che sono sul bordo strada. Continuando nei pressi di Perugia il navigatore colpisce ancora (o meglio Fabio sbaglia di nuovo e non segue alla lettera le sue indicazioni) e dopo vari giri sulle rampe riprendiamo la rotta giusta. Si è fatta ora di pranzo e arriviamo a Cortona, ci inerpichiamo con le moto per le stradine della cittadella in cerca di parcheggio. Siamo accolti dal suono di violoncello che solfeggia dall'interno di un edificio scolastico (una palla mostruosa), trovato parcheggio, abbandoniamo i nostri mezzi e proseguiamo a piedi, la salita è ripida, lo Stancosauro arranca e sbuffa, il resto della ciurma ride e scherza Maria Luisa come sempre persa nei suoi pensieri non ride e sembra non capisce le battute. Arriviamo a piazza del Popolo di lato il palazzo del comune con una ripida scalinata e di fronte a noi sempre su una scalinata di porfido c'è la Cattedrale, al suo interno ci sono due file di archi a tutto sesto sorretti da colonne con capitelli corinzi, sulla controfacciata dell'ingresso c'è un bellissimo affresco raffigurante il Giudizio Universale al suo centro e su una delle navate laterali ci sono delle belle vetrate colorate, su di un lato dimora una statua del Cristo deposto e dietro l'altare, troneggia un superbo coro ligneo. Fuori è rimasto Fabrizio che dice di essere allergico alle chiese, ovviamente la fama di Stancosauro ben gli si addice, lo ritroviamo per l'ennesima volta seduto all'ombra a riposarsi. Tamara e Maria Luisa sembrano due giapponesi intente a fotografare tutto quello che incontrano. Sono quasi le due e lo stomaco brontola, ci giriamo in torno e il nostro sguardo viene catturato da un cartello di un ristorante la Mangiatoia, Gerardo il Magnosauro (magno no perché sia grosso ma è inteso in romanesco) fiuta il menù e da il suo assenso e per il resto del gruppo la decisone è univoca. In un cortiletto interno ci apparecchiano all'ombra e consumiamo l'ennesimo lauto pasto. Con un po’ di torpore addosso ricominciamo la visita della cittadina, le strade sono tutte in salita ma Todi è un incanto, continuando il giro arriviamo alla Basilica di San Fortunato che però è chiusa, per l'estrema contentezza di Fabrizio che già si era posizionato su una panchina. Quindi prima di ritornare alle moto ci fermiamo a prendere un caffè e dopo alcuni altri passi ci ritroviamo nella parte più alta di Todi, nessuno ricorda di preciso dove abbiamo parcheggiato le moto, l'innato (assente) senso di orientamento di Fabrizio ci consiglia di prendere la discesa qualunque essa sia, dato che siamo prima saliti, Silvia e Fabio credono di aver riconosciuto dall'alto un edificio vicino alle moto, Gerardo e Tamara fanno foto a tutto spiano. Navigatore alla mano mezz'ora di interpretazione del percorso. Tempo sprecato inutilmente, decidiamo di ridiscendere un po’ a caso, ma fortunatamente riconosciamo una via percorsa all'arrivo. In poco tempo siamo di nuovo in sella, scendiamo per le viuzze basse di Todi e ci ritroviamo ad uscire da una delle porte di pietra che sbucano sulla strada statale 79 bis detta anche la mille curve. Percorriamo un pezzo della statale che ci porta a lambire il piccolo borgo di Pontecuti, proseguiamo sulla ss 448 alla volta del lago di Corbara. La strada è un susseguirsi di curve, ci troviamo a percorrerla nel tratto che affianca il Tevere fino a raggiungere la diga di sbarramento sotto Corbara, nei pressi della diga la strada va verso Orvieto e ci porterebbe all'imbocco dell'autostrada. Ma non intenzionati ad un rientro autostradale, proseguiamo il percorso per la valle del Tevere. Attraversati alcuni paesini, ci ritroviamo vicino ad Attigliano e Gerardo e Tamara ci salutano, loro deviano per Capena. Rimasti in due equipaggi si prosegue per Bomarzo, arrivati nel paese fa molto caldo e decidiamo di fare una sosta per riprendersi un po’, prima di riprendere il viaggio di rientro. Ripreso il viaggio, affrontiamo i monti Cimini, giunti a Soriano la strada è chiusa e navigatore in testa, su per una strada alternativa. Siamo sulla Cassia sui Cimini la temperatura si è fatta gradevole ma siamo veramente stanchi, la discesa verso valle è ancora un pochino distante. Incolumi giungiamo sul lago di Bracciano e il tour dei laghi si appresta a terminare, in poco tempo siamo ad Anguillara, Fabrizio e Silvia sono a casa, resta solo a Fabio e Maria Luisa percorre un ulteriore oretta per essere anche loro a casa a Roma. Ma come tutte le belle cose tutto giunge al termine ci siamo divertiti e abbiamo riso come non mai, ci siamo ripromessi di tornare su quei luoghi per veder cose che non abbiamo avuto il tempo di visitare, ma soprattutto ci siamo ripromessi di continuare a VIAGGIARE.....
Che splendidi 5 giorni sono stati.Il giorno successivo venerdì 30 giugno, poiché il tempo è incerto e il cielo è minaccioso di pioggia, decidiamo di recarci alle grotte di Frasassi. Prima tappa la Basilica di Sant'Ubaldo eretta sopra il monte Ingino che sovrasta la città, per arrivarci percorriamo la gola del bottaccione, una profonda incisione del terreno con pareti verticali tra il monte Ingino e il monte Foce, detto anche monte Calvo. Giungiamo alla basilica in poco tempo, e le prime gocce di pioggia si fanno sentire, sperando che siano solo poche entriamo nella chiesa. Mentre ammiriamo i Ceri che sono portati in processione durante la festa del Santo patrono e le sue spoglie mummificate, ci raggiunge dal chiostro antistante il Santuario il rumore di uno scroscio copioso di pioggia. Fuori è rimasto a far da guardia alla sua moto Fabrizio che si ripara sotto l'architrave di una porta chiusa sopra due scalini di pietra. Indossati gli anti-pioggia, è quasi smesso l'acquazzone decidiamo di proseguire con l'itinerario, riprendiamo la gola. L'asfalto purtroppo non ci consente di marciare a regime, la strada è tortuosa e segue il letto di un fiume, dietro ad una curva ci troviamo in mezzo alla carreggiata una femmina di cerbiatto con il suo piccolo, lei lo spinge verso il ciglio della strada e sotto i nostri occhi scompaiono entrambi tra i cespugli. Attraversiamo alcuni paesi come Scheggia, Isola Fossara ed a Sassoferrato facciamo una pausa caffè. Smette di piovere e decidiamo di proseguire in direzione di Arcevia ed Avacelli a Serra San Quirico un piccolo borgo sito all'ingresso della Gola della Rossa, ci fermiamo per pranzo alle Copertelle, cucina tipica marchigiana. Ben sazi a fatica risaliamo in sella alla volta delle grotte di Frasassi, pochi chilometri di strada e raggiungiamo il parcheggio delle grotte, acquistati i biglietti saliamo a bordo di una navetta che percorrendo la gola della Rossa ci porta all'ingresso delle grotte. Siamo un folto gruppo, la guida fatica a farsi sentire, ci si distrae facilmente ammirando le opere d'arte che la natura ha creato all'interno del sottosuolo nel passare dei millenni, Fabrizio ci confida di essere stato alle grotte da piccolo e che se le ricordava un po’ diverse, fatti i conti c'era stato prima che le scoprissero (ma lui insiste nell'affermare che la data dell'apertura delle grotte riportata sulla targa è sbagliata). E' inutile soffermarci sulle successive due ore e i restati quattro giorni di prese in giro, comunque successivamente il mal capitato ha fornito ulteriori spunti per il suo pubblico ludibrio (Fabio e Gerardo in tutto ciò hanno assunto il ruolo degli aguzzini). Di nuovo in sella, si sta facendo sera e piove, cambiamo i piani di viaggio. Salta la visita al tempietto Valadier ed il proseguimento sulla strada nella gola della Rossa e quindi torniamo verso Gubbio. Piove senza tregua per tutto il tragitto, arriviamo in albergo zuppi e infreddoliti. Dopo una doccia calda ci ritroviamo per cena. L'albergatrice ci consiglia il ristorante la Balestra al centro di Gubbio e anche questa volta il cibo non ci delude.. Piatti tipici a riscaldare la nostra serata e poi stanchi ma contenti passeggiatina di rito e rientro per meritato riposo.
L'alba del 1° luglio ci sveglia un po’ nuvolosa. A colazione si decide tra i tragitti previsti quello che si adatta ad un tempo apparentemente incerto. Cortona e il passo di bocca Serriola e il monte Nerone le mete principali. Ritorniamo su una strada percorsa il primo giorno verso la Toscana, ci prendiamo una pausa caffè ad Umbertide, dove non ci eravamo fermati e proseguendo riattraversiamo l'Appennino umbro toscano, il tempo migliora di molto e saliamo sulla collina dove si arrocca Cortona e da cui si può godere di un magnifico panorama che comprende anche il Lago. La città è di origine etrusca e conserva ancora oggi le sue mura che nascondono un affascinante vicolo con le case originali del 200: Via Jannelli dove è possibile ammirare le case con le facciate superiori, sporgenti rispetto alla parete principale, sorrette da rinforzi di legno, frutto di antiche tecniche di costruzione. Dalla piazza del Duomo si può ammirare una veduta mozzafiato sulla valle sottostante e non si può fare a meno di notare un grazioso cimitero adagiato sulla collina. Certo il duomo ed il museo meriterebbero più tempo da dedicare, considerato anche che raccolgono opere importanti di artisti tra i quali Lorenzetti, Beato Angelico e Signorelli. Ma noi effettivamente facendo il programma a tutti questi tesori non avevamo pensato, quindi il tempo per la visita alla cittadina si rivela effettivamente appena sufficiente per una visita veloce che include la piazza della Repubblica dove spicca il Palazzo del Comune. Le Signorie del 400 sono presenti anche qui, ed è evidente. Pausa sulla scalinata, il nostro Stancosauro (Fabrizio) si rifiuta di riprendere il camino sotto il sole che si è fatto cocente e intanto si è fatta l'ora di pranzo. Decidiamo di optare per un pasto veloce e comprare il necessario per i panini e un po’ di frutta al mercato della piazza, pensando di consumare il tutto velocemente al fresco del giardino comunale. Pura illusione, l'approvvigionamento dei viveri si rivela un pochino abbondante; frutta a volontà, panini che sono bastati anche a merenda e qualche quintale di formaggio, e Fabio sbraita ancora perché il suo panino è costato di meno del formaggio che ha comprato Luisa, che aveva detto << Io oggi mangio solo la frutta>> (14 euro di solo formaggio e 4 euro di frutta), peccato che all'albero della frutta c'era appoggiata una povera pecora che è stata munta da li a poco per fare il formaggio. Dalla scalinata alla panchina il passo è breve e rialzarsi è faticoso, il gruppo degli uomini duri si stravacca sulla panchina e quella che doveva essere una breve pausa si trasforma in una siesta. Il risveglio dei guerrieri ci riporta in sella, per un tragitto tra montagne gole e passi che ci lasceranno senza fiato. L’idea era di passare da Castiglion Fiorentino e proseguire a Città di Castello per un caffè. Il gruppo segue con fiducia Fabio, è lui che ha fatto il tragitto e guida le fila. Ma il Capoccione decide di non seguire il navigatore e ci si ritrova tutti sull'ennesimo percorso sterrato, dopo l'inversione di marcia per riprendere la strada consigliata raggiungiamo Città di Castello, dove ci fermiamo per una pausa caffè. Riprese le forze proseguiamo verso il Monte Nerone, incontriamo sulla strada parecchie moto in senso contrario della nostra marcia, che stanno ad indicare che il percorso deciso è appetitoso per i Biker, difatti da li a poco ci ritroviamo a percorrere la statale 257 Apecchiese che sale sul valico di Bocca Serriola a 730mt. Curve e controcurve l'asfalto non è dei migliori ma il paesaggio è spettacolare, incontriamo un bar ritrovo per motociclisti che è pieno zeppo, per cui proseguiamo, in poco tempo siamo al valico e troviamo il cartello che c'e lo indica, fermata per foto ricordo, e come sempre qualcuno ne approfitta per lasciare un ricordino sul posto. Siamo nelle marche, infatti, il valico segna il confine, continuando si ridiscende rapidamente, nella discesa incrociamo parecchie moto. Arrivati a valle, facciamo rifornimento e ci prepariamo per una nuova scalata. Ci aspetta alla nostra destra il Monte Nerone meta sciistica del luogo. Si sale rapidamente, la strada serpenteggia offrendoci panorami mozzafiato che richiamano paesi lontani, le creste dei monti ci svelano immagini quasi tibetane, (la mia è solo un’impressione personale) viste magari in qualche film ed in poco tempo siamo in vetta, la cima Bibi 1530 mt. Panorama a 360° e un leggero venticello ci rinfresca e quasi sentiamo freddo. Il cielo non è completamente terzo ma ci offre un'ottima visibilità, i nostri sguardi si perdono in quel vasto panorama, ma all'improvviso compiendo leggiadre evoluzioni ci appaiono due aquile che sembrano danzare nel cielo. Un altro incontro indimenticabile d'altronde siamo a contatto stretto con la natura. Fate le foto del caso riprendiamo il percorso, prendiamo un via molto panoramica ma l'asfalto è quasi inesistente (togliamo pure il quasi), incontriamo un monumento eretto in onore del centenario del giro d'Italia e agli uomini che l’hanno compiuto. Prosegue il sentiero e in mezzo alla strada un branco di cavalli allo stato brado che relativa prole, sono animali incantevoli e pacifici, purtroppo li dobbiamo disturbare perché ci occupano la carreggiata, in mezzo agli adulti ci sono alcuni puledri e quindi temiamo qualche reazione da parte dei genitori, ma lentamente si scansano e ci permettono il passaggio, poche centinaia di metri e ci troviamo sulla costa del monte, sotto di noi la strada zigzaga in 21 tornanti. La natura qui è quasi incontaminata e ci attraversa la strada un falco che era appollaiato su una staccionata. Arrivati a valle ci troviamo nel paese di Pianello un piccolo centro abitato attraversato da un minuscolo ruscello, che è pieno di trote. C'è un bar pieno zeppo di chiassosi ragazzi che trangugiano birra, all'interno ci sono centinaia di foto a testimoniare che lì c'è gente che si sa divertire. All'esterno del bar su una panchina ci sono due vecchietti, uno dei due ci si presenta come una star televisiva, aveva partecipato ad una trasmissione con Pippo Baudo i più Brutti d'Italia, le foto e le riprese che abbiamo fatto ci hanno ritratto in preda della nostra più totale ilarità. Ripreso il viaggio, ci dirigiamo di nuovo verso Gubbio, abbiamo deciso, però, di non rientrare per cena e ci fermiamo presso un birrificio artigianale, che produce birra usando l'acqua del fiume Catria da cui prende il nome. Il locale è rustico arredato come una baita di montagna al suo interno e visibile attraverso una vetrata, i fermentatori. Il cibo è buono ed abbondante, l'unica pecca è la cameriera che svanita e rimbambita ci sbaglia meta delle ordinazioni. Tamara da li si è guadagnata certo l'appellativo di Tamara-Brontosaura, Silvia va in escandescenza e quasi si mangia vivo Fabrizio con un contorno di cameriera fritta (che non aveva affatto preso la sua ordinazione), per il resto la serata segue tranquilla. Fatta una certa ora e abbastanza allegri per i tre litri di birra bevuta, riprendiamo la strada di casa seguendo il navigatore, ma l'ennesima svalvolata del mezzo elettronico ci porta in una viuzza fatta di Sanpietrini che ha tutta l'aria di essere il vialetto privato di una casa. Fabio che guida il gruppo ridendo all'interno del suo casco alza le mani in segno di resa, sono tre giorni che il navigatore dando i numeri ci fa percorrere strade inusuali e impossibili. Quindi dopo alcune altre peripezie si ritorna all'ovile, fatta la consueta passeggiata di rito prima di andare a letto decidiamo il percorso del giorno successivo.
La mattina del 2 luglio la passiamo in giro per Gubbio, Fabrizio e Gerardo con la scusa di mettere a riposo il navigatore (e Fabio) trovano una guida che su una macchinetta elettrica ci scorrazza per le viuzze della più bella città medievale d'Italia. La signora ci racconta vita morte e miracoli del luogo, infine ci porta alla fontana del Bargello. Legenda vuole che percorrendo la circonferenza della fontana di corsa per tre volte e bagnati con l'acqua della fontana stessa da un eugubino, ci si possa fregiare della patente di matto. Ovviamente il documento va comprato e compilato da soli (gli eugubini sono matti mica fessi). Terminato il tour guidato, visitiamo il palazzo dei consoli e il museo al suo interno. Sulla cima del palazzo si gode di una bellissima vista panoramica, sotto di noi i tetti della città delimitano il labirinto stradale della città. Una mattinata non è abbastanza per visitare tutto quello che c'è da vedere, ma non abbiamo più tempo a disposizione per il passeggio, ritorniamo in albergo e mangiamo una cosetta in piedi per non perdere troppo tempo. Affianco all'alloggio c'è una bottega che vende prodotti locali e ci lasciamo convincere di buon grado ad assaggiare la famosa Crescia calda, una pizza alta che è una specialità locale propria di Gubbio, al suo interno a scelta si può imbottire con dei salumi. Dopo il frugale pasto e acquistati alcuni prodotti, ci ritroviamo di nuovo in sella alla volta di Urbino. La giornata è calda per strada incontriamo pochissime macchine, ad Acqualagna siamo costretti a fermarci per un caffè ed una pausa rinfrescante (Fabrizio aveva bisogno di una farmacia). Caffè, gelato e acqua e via si riparte, arriviamo in località Furlo che dal il nome alle famose gole siamo sulla via Flaminia affianco a noi scorre il fiume Candigliano che negli anni ha scavato la roccia di svariati metri lasciando in bella vista pareti verticali da brivido. La natura tutto intorno è rigogliosa, attraversiamo una stretta galleria a senso unico alternato scavata nella roccia, e ci ritroviamo di fianco ad una piccola diga. Proseguendo ancora per una ventina di chilometri ci ritroviamo presso l'universitaria Urbino. Dopo aver parcheggiato le moto, con il sottofondo del brontolio di Fabrizio Stancosauro che si lamenta per il sole cocente e la salita che ci aspetta, ci inerpichiamo su per la strada ed ecco, di fronte a noi incomincia a delinearsi la cittadina. Le origini di Urbino sono antichissime, il nome romano Urvinum deriverebbe dal termine latino urvus (urvum è il manico ricurvo dell'aratro), ma è nel Quattrocento che la città vive il suo massimo splendore. Ed é soprattutto grazie all’apporto di Federico di Montefeltro che Urbino acquisì quell'eccellenza monumentale e artistica, la cui influenza si è largamente estesa al resto d'Europa. Questo grande mecenate, infatti, seppe non solo trasformare Urbino in una magnifica corte principesca, ma anche attrarre nel ducato il meglio che la cultura umanistica rinascimentale italiana potesse offrire. Per primo appare il Teatro, Maria Luisa s’improvvisa una Sauroguida, confidandoci di aver fatto i compiti a casa, e si lancia in una spiegazione tecnica del teatro eretto nella metà dell’800 dal senigalliese Vincenzo Ghinelli, con accanto la famosa scala elicoidale che collegava le stalle al piano del palazzo ducale che si erige li di fronte a strapiombo su Valbona (naturalmente il teatro è stato eretto in epoca successiva). La facciata dei Torricini non guarda verso l'abitato ma verso l'esterno, per questo fu possibile una maggiore libertà stilistica, senza doversi curare dell'integrazione con edifici antecedenti, inoltre la sua presenza imponente è ben visibile anche da lontano, come simbolo del prestigio ducale. Decidiamo che visitare la cittadina richiederebbe del tempo che non abbiamo, quindi sorvoliamo sulle bellezze artistiche che nasconde dei suoi musei e chiese, e saliamo a bordo di un trenino turistico per una visione più ampia possibile della cittadina che varrebbe almeno una giornata dedicata. Dopo una sosta alla gelateria e al bar per un aperitivo si rimonta in sella; destinazione Marmitte Dei Giganti a Fossombrone. Si decide di ritornare per la gola del Furlo e di andare direttamente a cena in un ristorantino che hanno indicato a Fabio. Ripercorriamo la via a ritroso, e stavolta ci fermiamo per fare delle foto. Un signore con il cannocchiale ci incuriosisce e scopriamo che è li, come ogni anno per vedere l’aquila che ha nidificato su quelle cime e che, ci dice che quest’anno ha una compagna nuova, ed è più giovane (i maschi non si smentiscono mai) e quindi dovrebbe esserci in cima una covata. Attendiamo un po’ di vedere l’animale prima di proseguire, ma si sta facendo tardi e del rapace non c’è traccia. Proseguiamo il cammino verso le Marmitte dei Giganti, avvicinandosi le intravediamo attraverso la vegetazione, sono sotto di noi e ci vogliamo avvicinare il più possibile, sempre fiduciosi con Fabio in testa, ci troviamo in un vicolo chiuso, c'è un divieto di accesso e la zona è interdetta per la presenza di una centrale dell'Enel, si intravede una diga, ma non si può proseguire e l’unica maniera di vedere qualcosa è dal ponte sul fiume lì accanto. Giriamo le moto e ci dirigiamo sul ponte, Fabrizio Stancosauro sbuffa, qualcuno goliardicamente ride, ancora una volta si gira per tornare sulla giusta via maestra. Foto di gruppo con il fiume sullo sfondo, risate di gruppo e sfottò, condiscono la pausa. Rimontiamo in sella e via verso l’infinito (la cena che ci aspetta). Il ristorante è il piatto d'oro una frazione di Gubbio, la Branca. In effetti, il locale dove ci accomodiamo pare sia famoso per le sue megaporzioni (hanno vinto per svariati anni il premio Mangiar Rozzo), ciò nonostante ordiniamo l'antipasto, il primo e pure il secondo. Solo Fabrizio che non si sentiva tanto bene decide di optare per una minestrina....... (lascio alla vostra immaginazione i commenti del gruppo), ma nonostante la sua decisione decide che un po’ di antipasto non può fargli male, e poi che vuoi per pranzo abbiamo mangiato solo un po’ di crescia con il prosciutto di cinghiale, quindi una bistecchina ci sta tutta. Le porzioni si rivelano effettivamente MOLTO ABBONDANTI, e nonostante anche stasera la scelta del secondo di Silvia non sia stata presa in considerazione, (salvo che Fabio tirannosauro non si sia mangiato pure la sua parte) più che sufficiente, tra risate e derisioni alla coppia Stancosauro, e Inconsideratasaura, la serata volge al termine. L'Ostessa (credetemi il termine è più che appropriato) si scusa per aver saltato un’ordinazione, e porta il conto. Rimontiamo in sella e ci dirigiamo a Gubbio, dove dopo un gelato e due passi ci concediamo il meritato riposo. Domani si ripartirà per casa e ci sono anche le borse da rifare.
L'indomani 3 luglio soddisfatti di come sono trascorsi i giorni precedenti, ma un po’ tristi perché è finito il tempo ed è ora di tornare a casa, con i bagagli fatti e rimontati sulle moto, si parte per il viaggio di ritorno, ma il giro non è ancora finito; E' metà mattina e il rientro è previsto per la sera, ci dirigiamo quindi a visitare la cittadina di Todi, percorriamo un tratto della famosa E45 ma è tardi e non abbiamo tempo di visitare Deruta, ci si accontenta di vedere in corsa le rivendite di ceramiche che sono sul bordo strada. Continuando nei pressi di Perugia il navigatore colpisce ancora (o meglio Fabio sbaglia di nuovo e non segue alla lettera le sue indicazioni) e dopo vari giri sulle rampe riprendiamo la rotta giusta. Si è fatta ora di pranzo e arriviamo a Cortona, ci inerpichiamo con le moto per le stradine della cittadella in cerca di parcheggio. Siamo accolti dal suono di violoncello che solfeggia dall'interno di un edificio scolastico (una palla mostruosa), trovato parcheggio, abbandoniamo i nostri mezzi e proseguiamo a piedi, la salita è ripida, lo Stancosauro arranca e sbuffa, il resto della ciurma ride e scherza Maria Luisa come sempre persa nei suoi pensieri non ride e sembra non capisce le battute. Arriviamo a piazza del Popolo di lato il palazzo del comune con una ripida scalinata e di fronte a noi sempre su una scalinata di porfido c'è la Cattedrale, al suo interno ci sono due file di archi a tutto sesto sorretti da colonne con capitelli corinzi, sulla controfacciata dell'ingresso c'è un bellissimo affresco raffigurante il Giudizio Universale al suo centro e su una delle navate laterali ci sono delle belle vetrate colorate, su di un lato dimora una statua del Cristo deposto e dietro l'altare, troneggia un superbo coro ligneo. Fuori è rimasto Fabrizio che dice di essere allergico alle chiese, ovviamente la fama di Stancosauro ben gli si addice, lo ritroviamo per l'ennesima volta seduto all'ombra a riposarsi. Tamara e Maria Luisa sembrano due giapponesi intente a fotografare tutto quello che incontrano. Sono quasi le due e lo stomaco brontola, ci giriamo in torno e il nostro sguardo viene catturato da un cartello di un ristorante la Mangiatoia, Gerardo il Magnosauro (magno no perché sia grosso ma è inteso in romanesco) fiuta il menù e da il suo assenso e per il resto del gruppo la decisone è univoca. In un cortiletto interno ci apparecchiano all'ombra e consumiamo l'ennesimo lauto pasto. Con un po’ di torpore addosso ricominciamo la visita della cittadina, le strade sono tutte in salita ma Todi è un incanto, continuando il giro arriviamo alla Basilica di San Fortunato che però è chiusa, per l'estrema contentezza di Fabrizio che già si era posizionato su una panchina. Quindi prima di ritornare alle moto ci fermiamo a prendere un caffè e dopo alcuni altri passi ci ritroviamo nella parte più alta di Todi, nessuno ricorda di preciso dove abbiamo parcheggiato le moto, l'innato (assente) senso di orientamento di Fabrizio ci consiglia di prendere la discesa qualunque essa sia, dato che siamo prima saliti, Silvia e Fabio credono di aver riconosciuto dall'alto un edificio vicino alle moto, Gerardo e Tamara fanno foto a tutto spiano. Navigatore alla mano mezz'ora di interpretazione del percorso. Tempo sprecato inutilmente, decidiamo di ridiscendere un po’ a caso, ma fortunatamente riconosciamo una via percorsa all'arrivo. In poco tempo siamo di nuovo in sella, scendiamo per le viuzze basse di Todi e ci ritroviamo ad uscire da una delle porte di pietra che sbucano sulla strada statale 79 bis detta anche la mille curve. Percorriamo un pezzo della statale che ci porta a lambire il piccolo borgo di Pontecuti, proseguiamo sulla ss 448 alla volta del lago di Corbara. La strada è un susseguirsi di curve, ci troviamo a percorrerla nel tratto che affianca il Tevere fino a raggiungere la diga di sbarramento sotto Corbara, nei pressi della diga la strada va verso Orvieto e ci porterebbe all'imbocco dell'autostrada. Ma non intenzionati ad un rientro autostradale, proseguiamo il percorso per la valle del Tevere. Attraversati alcuni paesini, ci ritroviamo vicino ad Attigliano e Gerardo e Tamara ci salutano, loro deviano per Capena. Rimasti in due equipaggi si prosegue per Bomarzo, arrivati nel paese fa molto caldo e decidiamo di fare una sosta per riprendersi un po’, prima di riprendere il viaggio di rientro. Ripreso il viaggio, affrontiamo i monti Cimini, giunti a Soriano la strada è chiusa e navigatore in testa, su per una strada alternativa. Siamo sulla Cassia sui Cimini la temperatura si è fatta gradevole ma siamo veramente stanchi, la discesa verso valle è ancora un pochino distante. Incolumi giungiamo sul lago di Bracciano e il tour dei laghi si appresta a terminare, in poco tempo siamo ad Anguillara, Fabrizio e Silvia sono a casa, resta solo a Fabio e Maria Luisa percorre un ulteriore oretta per essere anche loro a casa a Roma. Ma come tutte le belle cose tutto giunge al termine ci siamo divertiti e abbiamo riso come non mai, ci siamo ripromessi di tornare su quei luoghi per veder cose che non abbiamo avuto il tempo di visitare, ma soprattutto ci siamo ripromessi di continuare a VIAGGIARE.....
Fabio Morfeo- Admin
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